La fine di ogni anno è occasione di riflessione e, concorderete con il capitano, che questo 2012
ha rappresentato un' importantissima pagina della storia della
nostro gruppo podicicliamatorialienogastronomico " Camosci d'Abruzzo".
Escludendo il giorno 29 Luglio 2012 che il Capitano ha conosciuto la durezza dell'asfalto e stato un anno di percorsi splendidi con pochissime macchine lungo i vari percorsi e panorami unici del nostro splendido Abruzzo. Lasciatemi dire che il massimo è stato raggiunto con la scalata dello Stelvio.
Sperando di divertirci anche nel 2013, il capitano augura un sereno natale e un felice anno a tutti i suoi compagni di viaggio Ruggero detto la faina da Spoltore, papà Massimiliano detto il cinghiale da Pescara, Davide detto l'orso da Villanova (PE), Nazzareno detto il picchio da Ascoli, Giuliano detto il lupo da Casalincontrada, Gianluca detto la talpa da Chieti, Emidio detto il grillo da Ascoli, Paolo detto il corvo da Pescara, Giuseppe detto la lepre da Francavilla a Mare (CH), Amerigo detto la lince da Scafa, al mio fratellone Giancarlo detto lo scorpione da Chieti S., Giandonato detto il tasso da Pescara, Franco detto la lontra da Chieti, Fernando detto il pastore abruzzese da Chieti S., Ezio detto il Camoscio da Villamagna mister 100 mt e Sandro con la sua ammiraglia e alle rispettive famiglie.
Franco detto Il Toro ( capitano indiscusso anche per il 2013 )
Obiettivo 2013 le tre cime di Lavaredo:
Le grandi salite: le Tre Cime di Lavaredo
Per chi è affetto dal morbo della salita, anche il nome soltanto di questo luogo mitico possiede un fascino evocativo
e una forza di attrazione che non hanno pari. Forse si deve al ricordo
delle battaglie all’ultimo sangue che qui si sono combattute, o forse
semplicemente alle particolari caratteristiche dell’ascesa:
brevissima e spietata, ricambia la fatica estrema di chi sale con quel
senso di appagamento, quella percezione intima dell’impresa che solo le
grandi salite possono regalare.
Il dislivello da superare su questa breve distanza è di ben 473 metri, con una pendenza media superiore al 10%, ma se si considera che il tratto subito dopo il casello è ancora di leggera discesa e pianura, la pendenza media dei rimanenti chilometri aumenta considerevolmente.
Non ci sono altri versanti, perciò si sale e si scende da un’unica strada, così chi arranca nel bel mezzo delle tribolazioni incrocia inevitabilmente chi oramai si gode la discesa con animo leggero, al colmo del sollievo e dell’orgoglio, oggetto di indescrivibile invidia.
Quella da Cortina implica necessariamente la scalata del passo Tre Croci (8 km di salita con una pendenza media del 7%, ma con un andamento irregolare e punte decisamente più dure).
Per chi proviene invece da Dobbiaco e dalla Val Pusteria, la salita comincia a Carbonin, a 7 km circa da Misurina, da cui tuttavia non si transita perché in questo caso il bivio per le Tre Cime precede sulla sinistra il lago.
Una terza via, la più lunga e impegnativa, prevede la risalita da Auronzo di Cadore, a quota 862, con il superamento di un notevole dislivello. Ma con qualsiasi strada si arrivi, il vero banco di prova è da Misurina in poi. Da questo punto, la distanza fino al rifugio Auronzo è di circa sette chilometri e mezzo, una parte dei quali però non è di salita; in compenso, quella che rimane è concentrata.
Il primo tratto indigesto si incontra subito dopo aver lasciato il lago, all’altezza del valico di Col S. Angelo, dove si imbocca il bivio per la strada privata che porta alle Tre Cime. Qui, senza preavviso di sorta, compare un tratto di salita secca e brutale, 800 metri che si superano faticosamente, soprattutto se affrontati a freddo.
La pendenza media è dell’11%, 18 la massima.
Dopo aver superato questa rampa tremenda ci si può riprendere, in attesa del resto, lungo un bel tratto in leggera discesa che porta al casello e prosegue ancora per qualche centinaio di metri, fino al ponte che segna il vero e proprio inizio della salita.
Da qui sono quattro chilometri di sofferenza pura, una pendenza media che sfiora pericolosamente il 12 %, rampe durissime che toccano il 18-19% nella parte finale. Non c’è un solo metro dove poter rifiatare.
La parte iniziale è quella più abbordabile, ma già al primo tornante la strada s’impenna in modo netto. Siamo di fronte a un rettilineo verticale, il primo di una lunga serie: la salita può essere raffigurata come una serie di lunghi tratti diritti, tutti dalla pendenza proibitiva, interrotti da tornanti ugualmente molto impegnativi e impossibili da arrotondare, nei quali è davvero molto difficile ricavarsi qual- che momento di riposo.
Nella parte iniziale la vegetazione non manca e gruppi di alberi ancora fiancheggiano la strada, ma non appena si comincia a salire di quota il paesaggio diventa spoglio. Vasti ghiaioni e speroni di nuda roccia fanno da cornice all’ascesa e si procede, un rettilineo dopo l’altro, senza il conforto di un filo d’ombra, abbagliati – solo roccia e pietra ovunque. È una visione di grande impatto, anche perché la percezione di questo paesaggio desertico, quasi lunare, si fonde con quella, altrettanto estrema, della fatica immane di girare i pedali e mandare avanti la bicicletta, anche solo di poco.
Le pendenze qui sono intorno al 14-15% con brevi rampe al 18. La strada, sempre ampia, smorza la percezione visiva della pendenza ma accentua di molto lo sconforto per l’incedere lento e pesante.
Finalmente un luccichio di lamiere annuncia l’approssimarsi del parcheggio sottostante il rifugio Auronzo. Ormai sembra quasi finita, ma si continua a salire fino all’ultimo momento.
Quando si è in vetta si ha la coscienza di aver compiuto un’impresa, di aver domato una delle salite più difficili di tutto il panorama internazionale. E, per quanto si possa essere esausti, la fatica si dimentica in fretta alzando lo sguardo: il cielo quassù è veramente vicino, e la mole delle Tre Cime sembra sfiorarlo.
Sperando di divertirci anche nel 2013, il capitano augura un sereno natale e un felice anno a tutti i suoi compagni di viaggio Ruggero detto la faina da Spoltore, papà Massimiliano detto il cinghiale da Pescara, Davide detto l'orso da Villanova (PE), Nazzareno detto il picchio da Ascoli, Giuliano detto il lupo da Casalincontrada, Gianluca detto la talpa da Chieti, Emidio detto il grillo da Ascoli, Paolo detto il corvo da Pescara, Giuseppe detto la lepre da Francavilla a Mare (CH), Amerigo detto la lince da Scafa, al mio fratellone Giancarlo detto lo scorpione da Chieti S., Giandonato detto il tasso da Pescara, Franco detto la lontra da Chieti, Fernando detto il pastore abruzzese da Chieti S., Ezio detto il Camoscio da Villamagna mister 100 mt e Sandro con la sua ammiraglia e alle rispettive famiglie.
Franco detto Il Toro ( capitano indiscusso anche per il 2013 )
Obiettivo 2013 le tre cime di Lavaredo:
Le grandi salite: le Tre Cime di Lavaredo
- DOVE SIAMO
Il dislivello da superare su questa breve distanza è di ben 473 metri, con una pendenza media superiore al 10%, ma se si considera che il tratto subito dopo il casello è ancora di leggera discesa e pianura, la pendenza media dei rimanenti chilometri aumenta considerevolmente.
Non ci sono altri versanti, perciò si sale e si scende da un’unica strada, così chi arranca nel bel mezzo delle tribolazioni incrocia inevitabilmente chi oramai si gode la discesa con animo leggero, al colmo del sollievo e dell’orgoglio, oggetto di indescrivibile invidia.
- LA SALITA
Quella da Cortina implica necessariamente la scalata del passo Tre Croci (8 km di salita con una pendenza media del 7%, ma con un andamento irregolare e punte decisamente più dure).
Per chi proviene invece da Dobbiaco e dalla Val Pusteria, la salita comincia a Carbonin, a 7 km circa da Misurina, da cui tuttavia non si transita perché in questo caso il bivio per le Tre Cime precede sulla sinistra il lago.
Una terza via, la più lunga e impegnativa, prevede la risalita da Auronzo di Cadore, a quota 862, con il superamento di un notevole dislivello. Ma con qualsiasi strada si arrivi, il vero banco di prova è da Misurina in poi. Da questo punto, la distanza fino al rifugio Auronzo è di circa sette chilometri e mezzo, una parte dei quali però non è di salita; in compenso, quella che rimane è concentrata.
- LA PRIMA PARTE
Il primo tratto indigesto si incontra subito dopo aver lasciato il lago, all’altezza del valico di Col S. Angelo, dove si imbocca il bivio per la strada privata che porta alle Tre Cime. Qui, senza preavviso di sorta, compare un tratto di salita secca e brutale, 800 metri che si superano faticosamente, soprattutto se affrontati a freddo.
La pendenza media è dell’11%, 18 la massima.
Dopo aver superato questa rampa tremenda ci si può riprendere, in attesa del resto, lungo un bel tratto in leggera discesa che porta al casello e prosegue ancora per qualche centinaio di metri, fino al ponte che segna il vero e proprio inizio della salita.
Da qui sono quattro chilometri di sofferenza pura, una pendenza media che sfiora pericolosamente il 12 %, rampe durissime che toccano il 18-19% nella parte finale. Non c’è un solo metro dove poter rifiatare.
La parte iniziale è quella più abbordabile, ma già al primo tornante la strada s’impenna in modo netto. Siamo di fronte a un rettilineo verticale, il primo di una lunga serie: la salita può essere raffigurata come una serie di lunghi tratti diritti, tutti dalla pendenza proibitiva, interrotti da tornanti ugualmente molto impegnativi e impossibili da arrotondare, nei quali è davvero molto difficile ricavarsi qual- che momento di riposo.
Nella parte iniziale la vegetazione non manca e gruppi di alberi ancora fiancheggiano la strada, ma non appena si comincia a salire di quota il paesaggio diventa spoglio. Vasti ghiaioni e speroni di nuda roccia fanno da cornice all’ascesa e si procede, un rettilineo dopo l’altro, senza il conforto di un filo d’ombra, abbagliati – solo roccia e pietra ovunque. È una visione di grande impatto, anche perché la percezione di questo paesaggio desertico, quasi lunare, si fonde con quella, altrettanto estrema, della fatica immane di girare i pedali e mandare avanti la bicicletta, anche solo di poco.
- LA CIMA
Le pendenze qui sono intorno al 14-15% con brevi rampe al 18. La strada, sempre ampia, smorza la percezione visiva della pendenza ma accentua di molto lo sconforto per l’incedere lento e pesante.
Finalmente un luccichio di lamiere annuncia l’approssimarsi del parcheggio sottostante il rifugio Auronzo. Ormai sembra quasi finita, ma si continua a salire fino all’ultimo momento.
Quando si è in vetta si ha la coscienza di aver compiuto un’impresa, di aver domato una delle salite più difficili di tutto il panorama internazionale. E, per quanto si possa essere esausti, la fatica si dimentica in fretta alzando lo sguardo: il cielo quassù è veramente vicino, e la mole delle Tre Cime sembra sfiorarlo.
Quando sei a un bivio e trovi una strada che va in su e una
che va in giù, piglia quella che va in su.
È più facile andare in
discesa, ma alla fine ti trovi in un buco. A salire c'è speranza. È
difficile, è un altro modo di vedere le cose, è una sfida, ti tiene
all'erta.
Tiziano Terzani
Pensiamoci Camosci!!!!!!!!
Pensiamoci Camosci!!!!!!!!
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